Cosa sono i tendini, a cosa servono, che struttura hanno, come si classificano e quando fanno male? Facciamo un po’ di chiarezza a riguardo.
I tendini sono robuste strutture fibrose che uniscono i muscoli alle ossa. Queste importanti strutture anatomiche funzionano, pertanto, come vere e proprie connessioni, in grado di trasformare in movimento la forza generata dalla contrazione muscolare. Macroscopicamente i tendini si presentano come strutture nastriformi, estremamente variabili per forma e dimensioni. In particolare, sono costituiti per circa il 70% da fibre collagene di tipo I che si riuniscono a formare fasci primari, ed insieme ad esse sono disposte le fibre elastiche (circa il 4%), con il ruolo di veri e propri “ammortizzatori” all’inizio della contrazione muscolare. Le fibre collagene ed elastiche sono entrambe orientate lungo le linee di forza. I fasci primari si raggruppano formando fasci secondari (che rappresentano l’“unità base” del tendine), che a loro volta si riuniscono in fasci terziari. I fasci di 1°,2° e 3° ordine sono avvolti da una lamina connettivale detta endotenonio. L’intera struttura tendinea è invece avvolta da un rivestimento connettivale più robusto chiamato epitenonio.
Mettiamo un po’ d’ordine… i tendini vengono suddivisi su base anatomica e funzionale in tendini di ancoraggio e tendini di scorrimento.
I tendini di ancoraggio, quali ad esempio il tendine d’Achille o il tendine rotuleo, hanno solitamente dimensioni maggiori e sono più robusti rispetto ai tendini di scorrimento, non sono provvisti di guaina sinoviale, ma sono avvolti da una lamina connettivale il cosiddetto peritenonio; l’insieme delle due guaine connettivali, epitenonio e peritenonio, con lo strato di tessuto adiposo costituiscono il paratenonio. La vascolarizzazione dei tendini di ancoraggio costituisce invece una fitta rete anastomotica irregolare nello spessore del paratenonio.
I tendini di scorrimento sono avvolti da una guaina di rivestimento (guaina tenosinoviale) atta ad assicurare migliore scorrimento e protezione a tali strutture nei tratti adiacenti a superfici ossee irregolari, sedi di potenziale attrito. Questa guaina è composta da due foglietti, uno superficiale ed uno profondo. Compresa tra i due foglietti si trova una cavità chiusa, contenente una piccolissima quota di liquido sinoviale.
I punti di unione dei tendini con il muscolo e con l’osso prendono rispettivamente il nome di giunzione mio-tendinea e di giunzione osteo-tendinea (entesi).
Classifichiamo quindi le diverse patologie a carico dei tendini.
Il termine “patologie tendinee” o “tendinopatia” raggruppa un insieme di patologie che interessano i tendini (tendiniti, tendinosi), la guaina sinoviale o peritenonio che li protegge (tenosinovite, paratenonite) o le strutture anatomiche adiacenti, come le borse (borsiti).
Nelle tendinopatie infiammatorie sono coinvolte le diverse componenti del rivestimento tendineo (paratenoniti). La paratenonite può essere distinta in tenosinovite e peritendinite, a seconda che siano interessati, rispettivamente, i tendini di scorrimento o i tendini di ancoraggio.
Quando invece sono interessate le fibre collagene si parla di tendinopatie degenerative o tendinosi. Il coinvolgimento infiammatorio-degenerativo della giunzione osteo-tendinea corrisponde al quadro patologico della entesopatia. Bisogna inoltre considerare le alterazioni tendinee conseguenti al sovraccarico meccanico che superi il limite di resistenza del sistema, come la rottura tendinea o la dislocazione tendinea, secondaria al palesarsi di una potenziale instabilità dei tendini di scorrimento nelle sedi più critiche dal punto di vista biomeccanico.
La diagnosi di tali patologie può essere effettuata tramite imaging ecografico o radiografico.
La figura del podologo assume fondamentale importanza nella gestione delle patologie tendinee in quanto attraverso accurata visita biomeccanica e funzionale può mettere in risalto eventuali atteggiamenti scorretti nello svolgimento del passo, ed inserirsi nel protocollo riabilitativo insieme ad altre figure sanitarie come ortopedico, fisiatra e fisioterapista, per la realizzazione del corretto protocollo terapeutico personalizzato.
Il trattamento conservativo è quindi costituito da:
- Esercizio terapeutico e rinforzo muscolare;
- Terapie fisiche fisioterapiche;
- Terapia ortesica plantare.